Il Gorilla recensito
15 febbraio 2006
Ho ricevuto parecchi commenti al film "la cura del gorilla". Decido di pubblicarne uno solo che è praticamente una recensione di un certo Claudio G. e che non è sicuramente tra le più incensanti ma proprio per questo mi sembra sentita e meditata. Non so se la condividete, ma eccovela (poi prometto che col Gorilla non rompo più):
Dr.Bisio e Mr.Noir
Sandrone e il Socio sono due personalità racchiuse nel medesimo corpo: il Gorilla, uomo che per guadagnarsi da vivere svolge un lavoro tra il bodyguard e l’investigatore. Quando incontra Vera, il Gorilla si imbatte in una serie di nuovi misteri: chi ha ucciso Adrian, il ragazzo albanese di Vera? Cosa c’entra tutto questo con un giro di prostituzione? Quanto può essere utile l’aiuto di un anziano attore hollywoodiano ormai dimenticato che flirta con tua mamma?
Dentro al corpo pieno di lividi del “Gorilla” ci sono due personalità: Sandrone e il Socio, dalle idee simili, ma dai metodi completamente diversi: pacato, razionale e ironico il primo; violento, istintivo e senza mezze misure il secondo. Uno fuma (sigarette e canne), l’altro no. Uno si deve scusare per gli imbarazzi causati dall’altro. Uno si deodora continuamente l’alito e fa cilecca a letto, l’altro si trova strangolato da un tizio con la maschera di Pippo. Il Gorilla, fin da bambino, convive con questa forma di schizofrenia che gli impedisce di dormire. Non appena viene sopraffatto dal sonno e chiude gli occhi, infatti, si risveglia immediatamente nel suo alter ego. A questa specie di supereroe al contrario non resta quindi altro da fare se non far convivere i suoi due io, facendoli andare d’accordo e passando delle informazioni da uno all’altro appuntando tutto su bigliettini in stile Memento. Il Gorilla ha da poco accettato un lavoro come accompagnatore di un vecchio attore americano, ormai dimenticato dallo star system e costretto a girare stupide pubblicità per guadagnare qualcosa. Nella sua vita, però, precipita Vera, una ragazza che vive insieme a tre albanesi, tra i quali c’è anche Adrian, il suo ragazzo. Quando Vera scopre che Adrian è stato ucciso, chiede l’aiuto del Gorilla che, inevitabilmente, finirà per indagare sulla vicenda, con l’aiuto dei suoi vecchi amici-nemici e della sua nuova conoscenza americana, aggirandosi nelle ombre di Milano e Cremona, tra città e provincia.
Il film del debuttante Carlo A. Sigon (fortemente voluto da Claudio Bisio che sentiva nostalgia del cinema) percorre la strada ormai dimenticata dalle produzioni italiane del cinema di genere, aggrappandosi ai territori del noir. Il risultato purtroppo non è entusiasmante. Benché La cura del gorilla coniughi bene la finzione del racconto con chiare tracce di realtà, come vuole la tradizione di questo meccanismo narrativo, la storia fatica a decollare, i dialoghi non spiccano per originalità e brillantezza e, di conseguenza, l’effetto è quello di un buon tentativo rimasto incompiuto. Va meglio, infatti, con la voce fuori campo di un Bisio capace di trovarsi a suo agio nei panni del personaggio double face. Manca, insomma, la spinta in più: attori bravi, regia pulita (belle le scelte di alcuni dettagli e il dialogo in dissolvenza), atmosfere e musiche appropriate.
Ma non basta: come si nota da questi aggettivi, sembra di essere davanti a un semplice compitino (ben svolto) che tuttavia è privo della marcia in più che lo trasformerebbe in cult. Un vero peccato perché le premesse per aspettarsi qualcosa in più c’erano tutte. Intendiamoci, resta un prodotto di buon livello, ma ancora troppo poco per poter fare scuola, essere esportabile e convincere fino in fondo il pubblico. Bisio, alla prossima. Ti aspettiamo con affetto.
Dr.Bisio e Mr.Noir
Sandrone e il Socio sono due personalità racchiuse nel medesimo corpo: il Gorilla, uomo che per guadagnarsi da vivere svolge un lavoro tra il bodyguard e l’investigatore. Quando incontra Vera, il Gorilla si imbatte in una serie di nuovi misteri: chi ha ucciso Adrian, il ragazzo albanese di Vera? Cosa c’entra tutto questo con un giro di prostituzione? Quanto può essere utile l’aiuto di un anziano attore hollywoodiano ormai dimenticato che flirta con tua mamma?
Dentro al corpo pieno di lividi del “Gorilla” ci sono due personalità: Sandrone e il Socio, dalle idee simili, ma dai metodi completamente diversi: pacato, razionale e ironico il primo; violento, istintivo e senza mezze misure il secondo. Uno fuma (sigarette e canne), l’altro no. Uno si deve scusare per gli imbarazzi causati dall’altro. Uno si deodora continuamente l’alito e fa cilecca a letto, l’altro si trova strangolato da un tizio con la maschera di Pippo. Il Gorilla, fin da bambino, convive con questa forma di schizofrenia che gli impedisce di dormire. Non appena viene sopraffatto dal sonno e chiude gli occhi, infatti, si risveglia immediatamente nel suo alter ego. A questa specie di supereroe al contrario non resta quindi altro da fare se non far convivere i suoi due io, facendoli andare d’accordo e passando delle informazioni da uno all’altro appuntando tutto su bigliettini in stile Memento. Il Gorilla ha da poco accettato un lavoro come accompagnatore di un vecchio attore americano, ormai dimenticato dallo star system e costretto a girare stupide pubblicità per guadagnare qualcosa. Nella sua vita, però, precipita Vera, una ragazza che vive insieme a tre albanesi, tra i quali c’è anche Adrian, il suo ragazzo. Quando Vera scopre che Adrian è stato ucciso, chiede l’aiuto del Gorilla che, inevitabilmente, finirà per indagare sulla vicenda, con l’aiuto dei suoi vecchi amici-nemici e della sua nuova conoscenza americana, aggirandosi nelle ombre di Milano e Cremona, tra città e provincia.
Il film del debuttante Carlo A. Sigon (fortemente voluto da Claudio Bisio che sentiva nostalgia del cinema) percorre la strada ormai dimenticata dalle produzioni italiane del cinema di genere, aggrappandosi ai territori del noir. Il risultato purtroppo non è entusiasmante. Benché La cura del gorilla coniughi bene la finzione del racconto con chiare tracce di realtà, come vuole la tradizione di questo meccanismo narrativo, la storia fatica a decollare, i dialoghi non spiccano per originalità e brillantezza e, di conseguenza, l’effetto è quello di un buon tentativo rimasto incompiuto. Va meglio, infatti, con la voce fuori campo di un Bisio capace di trovarsi a suo agio nei panni del personaggio double face. Manca, insomma, la spinta in più: attori bravi, regia pulita (belle le scelte di alcuni dettagli e il dialogo in dissolvenza), atmosfere e musiche appropriate.
Ma non basta: come si nota da questi aggettivi, sembra di essere davanti a un semplice compitino (ben svolto) che tuttavia è privo della marcia in più che lo trasformerebbe in cult. Un vero peccato perché le premesse per aspettarsi qualcosa in più c’erano tutte. Intendiamoci, resta un prodotto di buon livello, ma ancora troppo poco per poter fare scuola, essere esportabile e convincere fino in fondo il pubblico. Bisio, alla prossima. Ti aspettiamo con affetto.