Ciao Edoardo
22 maggio 2010
Ho avuto la fortuna di conoscerlo, di sentirlo parlare.
Anni fa misi anche in scena una sua versione del Faust.
Era una persona ricchissima, stargli accanto anche per poche ore ti faceva sentire migliore.
Basta manfrine perché lui mi pare non le amasse. Aveva anche (o soprattutto) un gran senso dell'umorismo, e questo suo scritto del 1986 da lui letto solo poche settimane fa in una libreria di Savona, lo conferma:
“Ci sono io, per intanto. Sto dentro la mia grande bara. Sono al buio, chiuso. Le voci che si sentono di fuori, che arrivano qui, che parlano di me, a me, sono le voci dei visitatori. Con la faccia girata tutta da una parte, con tanta fatica, ne vedo qualcuno, lì dei visitatori, da una fessura del legno, tra un’asse e l’altra della parete, che mi passa davanti, che si ferma. Poi qualcuno mette anche l’occhio, lì nella fessura, e si vede che non ci vede niente. Ci sono i personaggi, tutti, qui nella bara. Sono fatti di legno, un po’ come nei tiri al bersaglio. Ci sono dei personaggi che ci sono soltanto con la testa, che è appesa lì, al soffitto, che pende. Ma ci sono dei personaggi che ci sono per intiero, grandi come sono davvero, nudi. Sono come ombre un po’ spesse, di cm 5 circa. Sono messi in fila, con la spina dorsale attaccata alla parete, con il corpo mobile, tutto di profilo. Se allungo le dita, me li sfoglio come si sfogliano le pagine di un libro, i più vicini. Li riconosco così, toccandoli. Tocco quella ragazza rosa, per esempio, che è subito lì. Me la volto dalla mia parte. E’ li con la bambina ballerina, che se la tiene per mano. Poi dice alla bambina di andarsene un po’ a spasso, via, a giocare, lì nel corridoio, fuori…”
Edoardo Sanguineti - “Smorfie”, 1986
Anni fa misi anche in scena una sua versione del Faust.
Era una persona ricchissima, stargli accanto anche per poche ore ti faceva sentire migliore.
Basta manfrine perché lui mi pare non le amasse. Aveva anche (o soprattutto) un gran senso dell'umorismo, e questo suo scritto del 1986 da lui letto solo poche settimane fa in una libreria di Savona, lo conferma:
“Ci sono io, per intanto. Sto dentro la mia grande bara. Sono al buio, chiuso. Le voci che si sentono di fuori, che arrivano qui, che parlano di me, a me, sono le voci dei visitatori. Con la faccia girata tutta da una parte, con tanta fatica, ne vedo qualcuno, lì dei visitatori, da una fessura del legno, tra un’asse e l’altra della parete, che mi passa davanti, che si ferma. Poi qualcuno mette anche l’occhio, lì nella fessura, e si vede che non ci vede niente. Ci sono i personaggi, tutti, qui nella bara. Sono fatti di legno, un po’ come nei tiri al bersaglio. Ci sono dei personaggi che ci sono soltanto con la testa, che è appesa lì, al soffitto, che pende. Ma ci sono dei personaggi che ci sono per intiero, grandi come sono davvero, nudi. Sono come ombre un po’ spesse, di cm 5 circa. Sono messi in fila, con la spina dorsale attaccata alla parete, con il corpo mobile, tutto di profilo. Se allungo le dita, me li sfoglio come si sfogliano le pagine di un libro, i più vicini. Li riconosco così, toccandoli. Tocco quella ragazza rosa, per esempio, che è subito lì. Me la volto dalla mia parte. E’ li con la bambina ballerina, che se la tiene per mano. Poi dice alla bambina di andarsene un po’ a spasso, via, a giocare, lì nel corridoio, fuori…”
Edoardo Sanguineti - “Smorfie”, 1986