Il blog

Ora tocca al gorilla

Domani, nove Maggio, per me è una data importante. Inizia un'altra avventura, un film dal titolo "La cura del gorilla" tratto dall'omonimo romanzo di Sandrone Dazieri, per la regia di Carlo Sigon, al suo primo lungometraggio ma con alle spalle alcuni cortometraggi e molta pubblicità.

Le riprese dureranno otto settimane, si girerà tra Milano e Cremona... che altro? Ah, è un noir. Molto molto particolare ma sempre noir, quindi un film, come si dice in gergo, di "genere".
Che c'azzecco io col noir? Boh, lo vedremo. Il romanzo mi è piaciuto moltissimo (vi invito vivamente a leggerlo, a prescindere).
Nel cast c'è anche Stefania Rocca.

Beh, avremo modo di parlarne ancora.

1 maggio, applausi e polemiche

1 maggio, applausi e polemiche

Allegato

Il concerto del Primo Maggio in piazza San Giovanni è stata una festa. Una festa della musica, dove la piazza con le sue cinquecentomila persone (secondo le stime più pessimiste) ha dimostrato ancora una volta grande responsabilità unita a molta voglia di divertirsi. Io oltre a presentare, a omaggiare Enzo Jannacci (fra pochi giorni compie 70 anni, auguri Enzo!) cantando L'Armando insieme a Sgrilli e Una fetta di limone con i Negrita, a intervistare i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil – organizzatori della manifestazione, ho interpretato un brano tratto dal mio ultimo spettacolo, I bambini sono di sinistra (che avevo già eseguito a Zelig due settimane fa).

È stata una versione inedita, con Sergio Sgrilli alla chitarra, Cico Cicognani al basso, Pierfoschi alla batteria e Roy Paci alla tromba (nello spettacolo lo stesso brano era invece eseguito da un quartetto d'archi). Come ho già ricordato in piazza, la frase "I bambini sono di sinistra" è una citazione non di Che Guevara, né di Mao Tse Tung, né di Fassino bensì di Gianni Rodari, poeta per l'infanzia, autore di racconti, poesie e filastrocche indimenticabili. La scansione del pezzo invece è ispirata a un famoso brano di Giorgio Gaber dal titolo "Qualcuno era comunista". Proprio per questo è stato eseguito l'estate scorsa nel primo Festival dedicato al teatrocanzone di Giorgio Gaber.

Non a tutti è piaciuto. In allegato riportiamo il testo dello spettacolo teatrale – che molti ci hanno richiesto – e le dichiarazioni rilasciate all'Ansa da parte di Salerno (senatore di AN) e Giulietti (senatore dei DS).
Per chi ha un collegamento veloce (adsl) - oppure molta pazienza - mettiamo anche un video del monologo:
- in formato Real Media (8,5 MB ca.)
- in formato Windows Media Video (7,7 MB ca.)
- in formato QuickTime (11,2 MB)

due parole sul blog

Ciao amici, sono Claudio Bisio.

Mi rendo conto che può sembrare ridondante sul mio sito ufficiale dire che sono proprio io a scrivere ma, credetemi, non lo è affatto. Spesso questi siti e i relativi blog sono gestiti da altre persone in modo abbastanza 'autonomo'...

È il primo blog della mia vita (che come il primo amore non si scorda mai)... non sono neanche così avvezzo al mondo telematico ma mi incuriosisce molto.
Questo sito è on line da poche settimane e il relativo blog altrettanto. Soprattutto il blog lo considero un sasso gettato nello stagno (anzi, nel mare) della rete per vedere cosa mi torna indietro. Per cui volutamente abbiamo messo tre pezzi diciamo senza data (evergreen) per stimolare dibattito, reazioni, commenti.
Ho scelto quindi tre temi molto generali: umorismo, religione, bush e sono stato alla finestra a vedere cosa succedeva.

Poi è uscita una mia intervista su Repubblica in cui citavo per la prima volta l'indirizzo del sito e da quel giorno anche il blog ha avuto un'impennata di contatti e commenti.
Tra l'altro io all'intervistatrice dicevo una cosa tipo: "sono curioso di vedere cosa mi torna indietro: speriamo non solo frasi tipo: Bisio, sei pelato!". Nell'articolo sembrava invece che io chiedessi proprio quel tipo di frase per cui tra email e blog sono stato sommerso da gente che mi diceva: "sei pelato!"... diciamo che lo so, ogni tanto davanti a qualche specchio ci passo anch'io.

Altri invece mi hanno criticato per non aggiornare a sufficienza il blog. Dico subito che questo blog non sarà mai come quello di Beppe Grillo (il migliore, a mio avviso, di questo genere). Non lo sarà primo perché Beppe è più bravo di me, secondo perché mi sembra ci dedichi veramente moltissima energia, terzo perché io vorrei provare a impostarlo in maniera un po' diversa.
Quando leggo che un suo scritto (post, mi sembra si dica in gergo) ha avuto 300, 500, a volte 700 commenti!, mi chiedo come faccia a leggerli tutti e a rispomdere (non dico a tutti, sarebbe follia) ma anche solo una per tutti...

Io, per il mio blog, pensavo piuttosto che un diario quotidiano (che oggettivamente non riuscirei a tenere, non in questo periodo) a dei miei stimoli a un dibattito che non essendo quotidiano, non si easurisce con lo scritto successivo... voglio dire, un vostro commento su quello che ho detto io sull'umorismo è gradito (e sensato) anche tra otto mesi.

Sbaglio? Aspetto proposte, critiche, commenti... mi rifarò vivo presto, promesso.

UMORISMO

Cos’è l’umorismo e come nasce una battuta… domanda da mille punti.

Esistesse una regola e la conoscessi, probabilmente l’avrei già depositata alla Siae o, meglio, all’ufficio brevetti, avrei già scritto un manuale, e sarei in panciolle in qualche isola caraibica a dispensare consigli, correggere battute altrui e godermi i proventi della mia scoperta. Invece non è così. Non che Piazza Dateo di Milano (luogo da cui sto scrivendo) sia meno decorosa di Mustique, ma insomma…

Buona regola in questi casi (quando si tratta di definizioni, anche le più ovvie) è affidarsi a un buon dizionario della lingua italiana. Occasionalmente ho sottomano il De Mauro che alla voce “umorismo” recita: “Capacità di percepire e presentare la realtà mettendone in risalto, con un atteggiamento improntato al distacco critico, gli aspetti divertenti e insoliti, talvolta assurdi.”

Sottolineerei parole quali distacco critico, distacco dalla realtà (pur conoscendola), da se stessi (pur amandosi, ma mai prendendosi sul serio), dagli altri (per forza). Non esiste umorismo senza un pizzico di cinismo, senza appunto quel distacco ironico e autoironico che per amor di battuta ci fa sparlare di noi stessi, di nostra moglie, dei nostri figli, persino di nostra madre… e a volte non ci ferma neppure di fronte alla morte (restarono famose le polemiche intorno ad alcune battute dopo la presunta conversione in punto di morte di Guttuso… non è un refuso, ho detto Guttuso e non Gattuso, ignoranti!).

Penso al disincanto di Ellekappa, al famoso ombrello chiuso, e rigorosamente conservato nel didietro, di Altan, con il laconico dialogo: “Beh, poteva andare peggio” “No”.

Questo è l’umorismo, sempre consapevole, voluto, cercato e, ahimè, non sempre trovato.

Diverso è il comico che può essere anche involontario ed è quasi sempre causato da un errore, un inciampo, una disarmonia, fisica o psicologica: comico è il nano, il grasso, il calvo, lo stupido, il balbuziente, il credulone, l’avaro, il geloso, il cornuto, il misantropo, quasi mai il bello, intelligente, generoso e onesto (a meno che non diventi un coglionazzo, ma allora torniamo ai difetti, vincenti in comicità).

Come altresì fa ridere (involontariamente) chi scivola su una buccia di banana; anche se si fa molto male, il nostro primo moto, incontrollabile, è il riso, poi magari lo soccorriamo… a questo proposito (sul comico volontario e involontario) esiste un ottimo saggio di Bergson dal titolo “Saggio sul riso” che ci si può comodamente portare sotto gli ombrelloni luglieschi e fare un po’ gli “sboroni” dicendo come minimo la seguente frase: “Guarda, mi è ricapitato tra le mani recentemente, lo sto rileggendo e lo trovo comunque di un’attualità pazzesca!”

Per quanto riguarda la battuta, infine, effettivamente esistono delle regole a cui va poi aggiunta l’eventuale genialità dell’autore.

La principale regola è, a mio avviso, lo spiazzamento. Occore creare in pochi secondi un’immagine, e poi la battuta, come una doccia gelata, deve ribalatare le aspettative del lettore/spettatore facendo crollare quel castello che si era costruito… esempio rubato al geniale Woody Allen: ”Vorrei tanto rientrare nell’utero… di chiunque”. La prima parte della frase ci fa pensare a una voglia di tornare bambino, anzi feto. Ci si immagina l’utero materno, una situazione prenatale e quindi tenera, calda, ancestrale… e poi la chiusa, la doccia gelata, totalmente inaspettata… di chiunque, che fa pensare a un assatanato un po’ bavoso in crisi di astinenza sessuale. E però se la si pensa pronunciata dal Woody personaggio dei suoi film, torna ad essere più lieve, naif, quasi condivisibile.

Una decina di anni fa (forse, ahimè, di più) su iniziativa dei soliti Gino&Michele e di Smemoranda ci fu una specie di concorso alla ricerca della battuta del secolo, iniziativa che diede poi origine alle varie raccolte delle formiche che anche loro, come ben si sa, nel loro piccolo si incazzano (famosa battuta di Marcello Marchesi), bene, allora vinse la battuta di un mio amico (combinazione) che ha scritto con me tutti i personaggi che ho interpretato a Mai dire Gol… sto parlando del grande Walter Fontana e la battuta (cito a memoria) era: “Lei crede in Dio?” “Beh, credere, diciamo che lo stimo.” Anche qui c’è lo spiazzamento di cui sopra, solo che è molto più sottile: se il verbo credere è usato in maniera prosaica, la frase seguente è quasi logica, e quindi non comica… credere, non esageriamo, stimarlo è già tanto. Se si pensa al tristemente famoso detto mussoliniano “credere, obbedire, combattere” si ha totalmente ragione nel ritenere la stima uno dei maggiori ri conoscimenti che si possono attribuire ad un uomo. Il problema è che qui non parliamo di un uomo, parliamo di Dio, e il Credo (che è pure una fondamentale preghiera) è appunto la prima testimonianza della fede. In questo senso o si crede o non si crede, non esistono vie di mezzo. Chi, come nella battuta di Fontana, cerca di smussare gli angoli di una religione plurimillenaria sbaglia, inciampa, quindi fa ridere. Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi, dice un vecchio proverbio… ma quando mai, sembra rispondere il comico.

Beh, detto questo vi lancio io una provocazione: fino a che punto può essere consentito arrivare per far ridere? E’ giusto porre un limite? E se sì, di che tipo? Morale, Etico, Estetico? Aspetto proposte, consigli, insulti e quant’altro.