Arrivederci...
La prima volta fu il 5 Maggio 1997, allora si chiamava Facciamo Cabaret, e andava in onda in seconda serata su Italia 1. Era il progenitore di Zelig.
Sono appena trascorsi quindici anni da allora. Non ricordo tutte le date, i numeri, le edizioni, il passaggio in prima serata, e poi su Canale 5… Ricordo solo che quest’anno (all’inizio dell’edizione 2012) abbiamo festeggiato la centesima puntata in prima serata.
Faccio l’attore da circa trent’anni, quindi Zelig è, in termini numerici, metà della mia vita professionale, in termini artistici è molto di più. Con Zelig ho imparato un mestiere nuovo e insieme a Gino Michele e Giancarlo forse lo abbiamo addirittura inventato: è un bell’ibrido a cui sta stretta la definizione di conduttore, come quella di spalla e pure quella di showman, ma è tutte queste cose insieme più qualcos’altro.
Bene, ora dopo tutti questi anni sento il bisogno prendere una pausa, di ricaricare le pile, studiare, sperimentare (fossi un docente invocherei il diritto all’anno sabbatico). Avrei voglia di potermi concentrare un po' più sul cinema. Mi manca il teatro, il luogo in cui sono (artisticamente) nato e che negli ultimi anni ho potuto frequentare poco. Vorrei tornare a fare il comico, come ho fatto per anni in un locale milanese chiamato Zelig da cui è nato tutto, anche la voglia di portare il cabaret in televisione.
Con Gino Michele e Giancarlo ho parlato a lungo e penso che abbiano capito e condiviso questa mia esigenza. Può fare bene anche a Zelig un bel rinnovamento e in tempi in cui nessuno molla la propria poltrona, mi sembra anche un bel segnale.
L’elenco delle persone che devo ringraziare, dalla dirigenza di Mediaset che mi ha dato sempre fiducia lasciandomi totale libertà artistica, ai produttori Bosatra e Ioppolo, potrebbe essere lunghissimo, per cui lo farò privatamente. Voglio almeno ricordare i comici, tutti, che sono la linfa vitale di Zelig e ringraziarli perché da quelli che hanno interagito con me ho imparato ad essere Zelig, nel senso del personaggio-camaleonte inventato da Woody Allen, cioè a trasformarmi di volta in volta in carnefice, vittima, complice e a divertirmi infinitamente; mentre di quelli che agivano da soli ho osservato la nascita e la trasformazione dei monologhi, dalle prove alla versione definitiva, tifando per loro dalle quinte, e stupendomi ancora insieme a loro, per un effetto, un lazzo, una battuta che sulla carta avevamo pensato potesse funzionare in un certo modo e invece con il pubblico si rivelava essere una cosa ancora diversa. E quindi grazie al nostro fantastico pubblico, sia quello (numerosissimo) che ci ha seguito in sala che quello ancor più numeroso che ci ha seguito da casa.
E, last but not least, un grazie speciale alle mie compagne di viaggio, tutte, con le quali spero di aver contribuito a trovare un ruolo meno banale e scontato della donna su di un palcoscenico ammettiamolo, molto, a volte troppo, maschile.
E penso soprattutto a Paola Cortellesi che da comica di serie A ha accettato di mettersi al servizio di altri comici, di compagni di viaggio più giovani e magari più inesperti, di fare insieme a me la cosiddetta ‘spalla’ a chiunque ne avesse bisogno, portando però anche le sue doti di showgirl al servizio di uno spettacolo che nasce cabaret puro, ma che con gli anni si è sempre più avvicinato ad un moderno varietà.
Tutto qui. Una pausa, un arrivederci, non certo un addio.