Un'idea di teatro, un teatro di idee
tren'anni di regie teatrali di Giorgio Gallione
Claudio Bisio
Quando mi hanno detto che ricorreva il trentennale dell’attività registica dell'amico Giorgio Gallione, mi sono spaventato. Ma allora è anche il mio trentennale! Sì, perché le nostre carriere (e un po' anche le nostre vite) si sono incrociate più volte in questi (gulp!) trent’anni. Si era appunto agli inizi degli anni ottanta quando, freschi delle prestigiose scuole di recitazione (dello Stabile
di Genova e del Piccolo di Milano) facevamo i primi passi "professionali" in questo stupendo e intricato mondo del teatro.
Insomma, acquistavamo i primi bollini Empals.
Io ricordo ancora la mia prima paga (e quella di Giorgio non dev’essere stata molto diversa) che era di sedicimila lire al giorno (e solo per le giornate lavorative).
Insomma, qui si parla di gavetta, che entrambi abbiamo fatto, ma anche di scelte coraggiose che ci hanno visto allontanarci dai rispettivi teatri stabili per cercare vie autonome, originali, rischiose. Penso soprattutto a lui e alla sua scelta di fondare un teatro, il Teatro dell’Archivolto insieme a Pina Rando. Ma anche alla sua voglia di rinnovare il teatro, sia dal lato del palcoscenico (solo uno come lui poteva pensare di mettere in scena non tanto Shakespeare, Pirandello o Brecht, quanto Altan, Pennac, Pratt, Benni) che dal lato della platea (indimenticabili sono le cene dopo gli spettacoli nel ridotto del teatro Gustavo Modena, ristrutturato già da subito pensando non solo a ottime poltrone e accoglienti foyer, ma anche a una cucina e a dei luoghi in cui mangiare, bere, leggere, chiacchierare… non si faceva così anche al londinese Globe Theatre?)
Non sto a ricordare tutti gli incroci (e sono tanti) che ci hanno visti insieme in questo periodo. Dico solo che in questi miei trent'anni di carriera il lavoro che più mi rappresenta (e in cui mi sono sentito più "bravo") vede la firma di Giorgio alla regia, di Pennac al testo e dell'Archivolto alla produzione.
Parlo di quel Monsieur Malaussène che mi ha fatto tornare, tra le altre cose, al Piccolo Teatro di Milano, non più da giovane allievo imberbe ma da consapevole e autorevole protagonista.
Grazie a Giorgio, ovviamente.