Notiziario Weleda

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Conosciamo l'attore di successo,  9 domande conoscere l’uomo

 

1. Da quanto tempo fai l'attore? Era il tuo sogno da bambino o è stato un "caso"?
Il mio primo bollino Enpals (l'ente previdenziale per i lavoratori dello spettacolo) risale al 1980, quindi sono esattamente trent' anni che "faccio l'attore".
La mia passione è nata sui banchi del Liceo, andando a vedere Dario Fo che recitava nella sua "Comune", prima in via Colletta, poi alla palazzina Liberty. Ebbi anche l'occasione di assistere ad alcune prove aperte di suoi spettacoli storici quali "Morte accidentale di un anarchico", "Mistero buffo', "Storia di una tigre'.
Lì decisi che quel tipo di comunicazione faceva per me. Dico comunicazione non a caso, in quanto per me fare teatro era dire delle cose (quindi anzitutto un contenuto) in modo non libresco, cattedratico, noioso (quindi la forma). Sto parlando degli anni settanta, anni di passioni politiche, ma in cui anche alcuni giovani impegnati parlavano come dei vecchi.
Ripensando alla frase "sogno da bambino" mi viene però in mente che da bambino (dopo essere andato al circo con mio nonno) alla domanda "Cosa vuoi fare da grande?" rispondevo con pacata certezza: il pagliaccio. E forse quel bambino ha avuto un po' ragione.
2. Nasci come attore di teatro?
Mi sembra di avere già risposto, comunque sì, certamente. Prima di quel primo bollino Enpals ci fu la frequentazione della Civica Scuola di Arte Drammatica del Piccolo teatro di Milano (alla fine degli anni settanta) e per tutti gli anni ottanta teatro, prevalentemente con la compagnia del Teatro dell'Elfo di Milano, dove lavorai con Elio De Capitani (in un mitico spettacolo di Nigel Williams dal provocatorio titolo "Nemico di classe') e Gabriele Salvatores (tra i diversi spettacoli, in un altrettanto mitico spettacolo di Trevor Griffith dai toni apparentemente più leggeri, ma solo apparentemente, intitolato "Comedians’).
3. Riesci a conciliare il tuo essere attore di teatro, spesso impegnato, con il cinema e con la televisione?
Diciamo che è una "lotta" quotidiana che conduco ormai da una decina d'anni, da quando cioè una trasmissione televisiva (sto parlando di Zelig) ha preso talmente in contropiede tutti noi con la sua popolarità da non riuscire facilmente a staccarsene. Ciò, ovviamente, rende difficoltoso portare a termine qualsiasi altro progetto (soprattutto teatrale) che richiede soprattutto tempo. Proprio in questi giorni ho parlato con gli amici del Teatro dell'Archivolto di Genova che produssero (ormai quattordici anni fa) uno degli spettacoli più belli che ho fatto: "Monsieur Malussene': tratto dai romanzi di Daniel Pennac, e si pensava di riproporlo ad un pubblico che quattordici anni fa non andava ancora a teatro, data l'età.
Questo è uno dei miei sogni/propositi per il futuro prossimo.
4. Nel cinema ti sei cimentato can film che hanno a che fare con temi che riguardano la salute. Ricardo, per esempio, "Si può fare" dove hai toccata can delicatezza uno dei temi più forti che hanno percorso l'Italia degli ultimi 40 anni, quello della chiusura dei manicomi e della riforma della Legge 780. Come ti sei percepito confrontandoti con questa tematica, che è medica e sociale insieme? Come è stato accolto dal pubblico quello che ritengo in assoluto uno dei tuoi migliori film?
Ti ringrazio per il giudizio su quel film che assolutamente condivido. Il cinema, ancor più del teatro, è una magia che coinvolge una grande quantità di persone (produttori, sceneggiatori, registi, scenografi, direttori di fotografia, musicisti, costumisti, macchinisti, elettricisti .. , e ovviamente attori, che sono soltanto i più visibili). Un buon film non può prescindere da un amalgama totale di tutte queste individualità. Con "Si può fare" questa alchimia è sicuramente avvenuta. Si partiva, certo, da un'ottima sceneggiatura, da un regista doppiamente coinvolto (la sorella psicanalista era costantemente presente sul set a consigliare, suggerire, indirizzare regista e attori), e da attori, me compreso, che hanno da subito capito che si stava facendo un film importante anche se nasceva decisamente outsider, dal piccolo budget e con poche aspettative da parte dei produttori (dopo che tanti lo avevano rifiutato). Ma forse proprio questa sua nascita ai margini dello show-business ha fatto sì che tutti noi ci concentrassimo sui contenuto, sulla qualità di quello che stavamo facendo.
5. Ti senti maggiormente percepito come showman televisivo o come attore impegnato?
Beh, sicuramente la gente che mi riconosce per strada lo fa grazie alla televisione, anche se ogni tanto c'è qualcuno che mi cita una frase di uno dei miei primi spettacoli, tipo "La sindrome di Quo" (inteso come uno dei nipotini di Paperino) o mi porge una copia in vinile di "Pathe d'animo", un mio disco del 1991 (ebbene sì, nei miei trent'anni di variegata carriera ho fatto anche la rockstar) e questo mi riempie di gioia.
6. Quanto ritieni che i temi sociali vengano percepiti attraverso i vari film che hai interpretato? Si coglie una certa stanchezza, quasi un rifiuto a confrontarsi con tematiche che ci spaventano, il degrado dell'ambiente, l'effetto serra, un cibo contaminato .. In fondo meglio ridere .. , ritieni che i gusti del pubblico in questi ultimi anni stiano cambiando? Senti questa difficoltà nel tuo lavoro?
Io sono un difensore strenuo della risata (altrimenti non farei ciò che sto facendo, vedi appunto "Zelig"). L'insegnamento di Dario Fo è stato appunto questo, che attraverso la risata si può arrivare a molta più gente ed inoltre che mentre la commozione tocca appunto il cuore, come si dice, la risata
passa necessariamente dal cervello che decodifica un lazzo, un nonsense, una parodia (lo diceva anche Bergson).
Ecco perchè da Plauto ad Aristofane per arrivare, attraverso i giullari di corte medievale, a Molière, la risata è anarchica, incontrollabile. Che il re è nudo lo può dire o un bambino o un matto, cioè un fool, un giullare, un guitto. E magari il potere applaude pure. Come i tanti tartufi alla corte del Re Sole applaudivano il Tartufo Di Moliere, così tanti borghesi (non necessariamente illuminati) applaudivano Fo al teatro Odeon negli anni sessanta ignari che proprio di loro si stava parlando (vedi "Settimo: ruba un po' meno').
Ogni paragone con "Zelig" è sicuramente sproporzionato ma non casuale.
7. Come riesci a trovare un equilibrio per non essere schiacciato dagli alti prezzi che spesso si devono pagare in quanto personaggio pubblico?
Se ti riferisci alla gente che mi chiede un autografo per strada, lo ritengo assolutamente legittimo, non fastidioso, direi quasi doveroso da parte mia. Magari mettendo delle piccole barriere, tipo: foto sì (ormai chiunque ha un telefonino che fa anche le foto), ma non quando sono con i miei figli. Poi c'è la stampa un po' più morbosetta e alla ricerca continua di scoop, veri o presunti, ma lì basta cercare di non andare in una discoteca di Ibiza ad agosto (e per il mio modo di vivere non e per niente una rinuncia faticosa, anzi) .. .
8. L'incontro con la medicina antroposofica è stato casuale? Ha contribuito a rafforzare delle tue convinzioni sulla salute e sulla malattia? Riesci ad alimentarti in modo equilibrato, a fare una sana attività fisica, a resta un proponimento all'inizio di ogni anno?
Partiamo dalle ultime domande: sì, riesco abbastanza a fare sana attività fisica e ad alimentarmi in modo equilibrato. Per fortuna entrambe le cose non sono un peso. Fare sport mi piace, sento le endorfine mettersi in moto, mi da buonumore. Basta scegliersi attività che piacciono, ad esempio ho scoperto che mentre correre (il famoso jogging) mi annoia a morte, andare in bicicletta mi diverte. Sull'alimentazione ho la fortuna di avere una moglie che ama cucinare sano, che lo fa con gioia e anche bene (io provo a cimentarmi, ma sono decisamente meno portato) e che quindi mi ha fatto capire che l'alimentazione sana non è fatta solo di privazioni, ad esempio mi ha fatto conoscere un ristorante di Milano, fatemi dire anche il nome, vi giuro che non ho preso mazzette per farlo, che è Joia, totalmente vegetariano, ma per niente triste, anzi. È pura gioia dei sensi. Venendo alla medicina antroposofica, devo dire che l'incontro e stato quasi casuale. Quando sono nati i miei figli, cioè quattordici anni fa, abbiamo iniziato a cercare una medicina a misura d'uomo, che cerchi le cause di una malattia e non ne tamponi semplicemente i sintomi. Ad esempio su certe malattie la medicina allopatica non ha soluzioni, vedi le allergie, tranne appunto gli antistaminici o il cortisone per limitarne il più possibile le manifestazioni più virulente. Il mio punto debole è sempre stata la gola e fino a cinque-sei anni fa mi facevo almeno una tonsillite a stagione (a volte più di una), con placche in gola, febbre alta.
Da quando mi porto dietro (persino in tourné) le mie belle dosi di Echinacea/Argentum in globuli, ma anche in fiale da iniettarmi sottocute, non ho più avuto una tonsillite. Effetto placebo? Caso? Io, che sono a mio modo un San Tommaso, ho verificato che funziona, per cui lascio agli scienziati, agli statistici, ai legislatori l'onere di appurare se la diluizione in acqua è troppa, se ci sono pochi principi attivi, se, se ,se…
La mia testimonianza, per quanta può servire, è questa. Trovo giusto il principio di cercare nell'individuo, nell'uomo le cause della eventuale malattia e di conseguenza agire, non dimenticando che il nostro corpo e più "intelligente" di quanta non appaia. Una febbre, uno stop, una malattia, possono essere un segnale, l'occasione per prendersi una pausa, fermarsi un attimo. A me così è capitato e nonostante il mio lavoro difficilmente preveda fermi improvvisi non previsti, ho imparato ad ascoltare quello che il corpo suggerisce, anche attraverso piccole patologie.
Sulle grandi, come sulla morte, ancora non ci ho riflettuto a sufficienza. Non ho ancora trovato una spiegazione, né antroposofica né teosofica, per un sarcoma osseo a un ragazzino di dodici anni. Ma questa è davvero un'altra storia.
9.Che mondo vorresti donare ai tuoi figli e alle generazioni future?
Quanto tempo ho per rispondere? Diciamo - molto molto sinteticamente - un mondo in cui non sia già tutto scritto, magari da altri. Un mondo in cui ognuno possa decidere del proprio futuro liberamente e con pari possibilità.


Grazie Claudio.
 

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