Diamo i numeri
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Diamo i numeri

Una Uno bianca guidata da uno scarto d'uomo, un due di picche della società, che aveva un profilo degno dei tre porcellini (di tutti e tre), ma quattro assi nella manica, correva veloce nella notte diffondendo dalla sua autoradio i Jackson five a pala. Il telefono cellulare squillò, nel senso che si mise a battere, in una parola si prostituì. "Sei proprio un deficiente" pensava l'uomo peccando così di superbia, il peggiore forse fra i sette peccati capitali. La vettura entrò allora in un Luna Park e tanta era la velocità e le acrobazie, che tutti la scambiarono per un ottovolante. L'uomo entrò nella galleria dell'orrore dentro la quale tutto era meno tremendo del profilo della cassiera che stava fuori. Nel buio totale sentì mani viscide toccarlo, subì una frustata con un gatto a nove code e si beccò persino qualche sputacchio. La sua pazienza ora era finita. La sua glottide stava per articolare un appropriato improperio, ma una voce ieratica lo anticipò: "Non nominare il nome di dio invano! Non fornicare. Non desiderare la donna d'altri. Non desiderare la roba d'altri..." insomma, gli sfagiolò tutti e dieci i comandamenti. Abbandonata la scimmia, cioè uscito dal tunnel, si diresse verso la sua Uno bianca che era buffamente parcheggiata a fianco di una Uno nera. A guardarle con gli occhi socchiusi sembravano una cosa sola: Padovano (l'undici bianconero). Saltò sulla sua vettura, mise in moto e fece per ingranare la prima, ma la sua mano non sentì il freddo rotondo della cloche, bensì il caldo sinuoso di una mano. Era quella di Dodi. La sua reazione fu un urletto strozzato in falsetto (tipo Farinelli) e una macchia marrone sui pantaloni (tipo Versace). Erano gli effetti collaterali della paura. Dodi ci rise su, lo baciò, lo lavò e gli porse una schedina già compilata. "Questo è un tredici sicuro" gli sibilò all'orecchio. "Può anche essere un quattordici" rispose l'uomo, "ma io col gioco ho chiuso, lo sai." Effettivamente l'uomo in passato aveva conratto ingenti debiti di gioco. Praticamente si era rovinato a 'palla avvelenata', poi certi tipacci lo avevano tirato dentro in un brutto giro di 'strega comanda color'... ma ora ne era uscito. Quindi ci rise sopra e appallottolò la schedina. Dodi sussultò. "Se dici una sola parola, ti stendo" le intimò lui. "Stendimi" sussurrò lei, sperando in cuor suo che la ribaltasse insieme al sedile e la rivoltasse come un guanto. Ma quel giorno era venerdì diciassette anche per lei e quindi l'uomo si limitò a stenderla con un cartone animato da una insolita violenza e ad appenderla a uno stendipanni che si portava sempre nel bagagliaio perché non si sa mai. Ripartì sgommando, cioè cancellando le tracce che aveva lasciato e decise di entrare in politica per potersi bere l'amaro calice (un diciotto isolabella che teneva sempre nel cruscotto perché non si sa mai). Poi, ripensandoci, si pentì di averla abbandonata così repentinamente: primo perché Dodi aveva solo diciannove anni e poi perché la zozza gli aveva illegalmente sottratto il portafogli. Accese la radio per non pensarci: "Tempo nuvoloso, variabile, con schiarite locali. Venti forti in direzione nord-ovest. Mari mossi." Spense la radio, si accigliò. Non poteva non ricordare i bei tempi passati con Dodi. Anche se al ventuno del mese i loro soldi erano già finiti, furono giorni felici. Almeno i primi venti. Tornò sui suoi passi. In macchina, per fare prima. Ma ormai niente aveva più senso. Ogni logica era saltata. Non si stupì quindi più di tanto quando vide trentatré trentini che entravano in Trento trotterellando, né quando quarantaquattro gatti neri in fila per sei col resto di due gli attraversarono la strada. "Sei per sette quarantadue" pensò lui "più due quarantaquattro", e fece ottantotto scongiuri. La paura fece novanta e quindi lui fu vinto dalla paura. Si attaccò al cellulare che sfrecciava ad alta velocità carico di malintenzionati. "Pronto! Pronto?!?" "Sì, qui è CASALINGHE INGORDE, 144-1414, 2450 lit/min + IVA che aspettano una tua chiamata 24 ore su 24, dica pure!" "Mah, io veramente cercavo STUDENTESSE NINFOMANI" "Ah, allora ha sbagliato. Deve fare il 144-4114." "Senta, mi faccia questa cortesia; se ha occasione, che le vede, gentilmente dica alle SEGRETARIE SVERGOGNATE di farsi sentire, che io chiamo, chiamo ma si vede che hanno il telefono messo male che dà sempre occupato..." L'uomo tornò a casa stanco, ma felice della bella giornata trascorsa in compagnia. Guardò su alla finestra e vide sua madre con un battipanni in mano: "Ti sembra questa l'ora di tornare? Diamo i numeri? Eh? Dài, Centosessantasetteseicentosettantuno, vieni sù che la minestra si raffredda!" La voce della signora Bassotti fu interrotta dal suono del cellulare che a sirene spiegate anche ai più piccini venne a portarsi via il suo figliolo prediletto: 167-671. Morale: se chiami tuo figlio con un numero di matricola carceraria, non ti lamentare se poi te lo arrestano in continuazione.