Va bene, siamo sinceri fino in fondo. Siamo coerenti. È inutile
fingere. La cravatta mi stringe. Non l'ho mai sopportata... è un
fatto fisico. Anche la giacca non la sopporto. Bisogna saper essere
quello che si è. È tutta questione di coerenza. Sapersi presentare per
quello che si è: Piacere, Gaudio. Sulla trentina... Verso la
quarantina... È per via dei capelli. I capelli invecchiano. Chi non li
ha, è evidente. Attore. C'è scritto sulla carta
d'identità. Fino all'anno scorso c'era scritto studente,
ma non mi sembrava giusto. Ho pensato di farci scrivere impiegato, ma
non sarebbe stato giusto. Attore. Questo è quello che cerco di fare.
In fin dei conti è un mestiere come un altro. Anche se capita a volte
in posta, leggono... «Ah, lei fa l'attore? Mi faccia vedere!» Cosa
gli fai? Magari c'è la fila e si sparge la voce «Hai sentito,
c'è un attore! - Chi? - Gassman, c'è Gassman!». Per alcuni
attore è solo Gassman. Comico. Ecco, questo non
c'è scritto sulla carta d'identità. È un aggettivo. È quello
che mi piacerebbe essere. Poi dipende da voi, se ridete sono comico,
altrimenti no. Di sinistra. Anche questo non c'è
scritto sulla carta d'identità. Non ci hanno ancora schedati. È un
dato di fatto. Non bisogna scandalizzarsi. È così. Tutti i comici sono
di sinistra. Basta pensare a cosa dicono, a come si vestono. Come mi
vesto? Come i comici. Di sinistra. Camicia, pantaloni, scarpe.
Coerente. Di sinistra. Coerente di sinistra. Saranno vent'anni che
mi vesto così. Io la mattina, come tutti i comici di sinistra, mi
sveglio, mi alzo, mi lavo i denti comicamente, faccio la pipì in modo
artistico, poi apro l'armadio, scelgo, indosso. Camicia,
pantaloni, scarpe. Esco, vado al bar, un saluto agli amici. Ciao
Giovanni. Giovanni... una vita che ci conosciamo. Elementari, medie,
liceo. Fin dall’asilo. Facevamo i disegni insieme, i tubi.
Fascista, sempre stato. Gran fascistone, difatti più che tubi i suoi
erano dei fasci di tubi... ma si vede anche da come veste. Va'
come veste: camicia, pantaloni, scarpe. Anche lui. Ma porca puttana!
Siamo lì, separati dal passato, dal presente, da sempre, diversi.
Invece no: uguali. Camicia, pantaloni, scarpe. Timberland. Timberland.
Ma no, saranno Lumberjack, Tunderball, Bombertill... Timberland. Vuoi
dire che la coerenza sbanda, slitta, scivola? Ma no, è che le scarpe
me le ha regalate mia mamma. Cosa faccio, le butto? Quando mi compro
la roba io ci penso. Alla coerenza, dico. Tempo fa ho cambiato la
macchina, ci ho pensato. Un casino. Mi sono informato, ho letto... per
cercare un giusto rapporto qualità-prezzo: gli optional di serie, air
bag... utile? Lo metto, magari non metallizzato; Abs...
indispensabili; climatizzatore... non è indispensabile, ma perché
soffrire il caldo d'estate anche se sei comico, di sinistra... e
poi era di serie... ho preso la Passat. Vagonata. Metallizzata.
Volante in lega. Cerchioni in radica. Col cagnolino che fa così. Me
l'han regalato! Cosa faccio, lo butto? Va beh, ma se dai retta
alla coerenza, allora non fai più niente. Pensa a me che sono
milanista (che già ce ne sarebbe da dire, di questi tempi). Cosa
faccio, non posso più andare allo stadio? No, ci vado. Da sinistra, ma
ci vado. Curva est. Appoggio il mio bel cuscinetto, mi siedo e
guardo... Cazzo, sulla curva opposta un gruppetto di bastardi si
accanisce sul pensionato. Ci vorrebbe la polizia. Dov'è la
polizia. Polizia! Arriva la polizia. E mena. Accidenti se mena.
Bastardi, polizia assassina! «Ma se li hai chiamati tu» fa Giovanni
con su le Timberland, seduto di fianco, perché tifiamo Milan da una
vita e si può anche andare insieme allo stadio, visto che non siamo
più ragazzini. E il Rigore? Rigore! Ma no, pirla, il rigore morale. Ah
già, la coerenza. Va bene, allora: Giovanni affanculo. Strappo la
tessera del Milan, baratto la Passat con la Duna, le Timberland della
mamma le butto via e mi metto a cercare un paio di scarpe coerenti.
Non è facile trovare un paio di scarpe coerenti. Soprattutto nel mio
caso. Provate a chiedere in un negozio: «Mi dia un paio di scarpe
coerenti da comico». Io l’ho fatto. Mi han dato un settantuno
giallo da clown. Ma no, più coerenti... di sinistra. Me le han date
rosse. Risollevato e fiero della mia coerenza ritrovata invito a cena
Maurizio, Luca e Pino. Non sinistra. Ultrasinistra. Portano tutti le
Timberland, mi prendono per il culo appena viste le scarpe che ho.
Penso: meno male che non hanno visto la Duna a pois parcheggiata in
mezzo alle loro Passat, nere, tutte metallizzate. Ma poi parliamo,
cristo santo. Siamo noi, finalmente. Vigili, sempre stati. Attenti,
rabbiosi, severi.
Infatti: ci capiamo. Siamo amari, incattiviti, siamo d'accordo.
Vabbeh, allora? Azione, porca vacca. Come una volta, meglio di una
volta perché qui non si tratta più di quattro fascistelli con le
barrows, qui è un casino vero, un pericolo occulto. E allora?
Un esproprio. Deciso, fissato. In quattro. Supermercato, tre
prosciutti, dieci chili di pasta, fuori. Titolo sul giornale:
«Esproprio all’Esselunga».
Mi presento. Esselunga. Maurizio, Luca e Pino. Non ci sono. Strano,
ero sempre io quello in ritardo. Vabbeh, intanto entro: prosciutto,
pasta, fuori. Titolo sul giornale: «Ruba prosciutto
all’Esselunga vestito da clown: arrestato». Ladro! Ma, cazzo,
era un esproprio! Macché. Era un furto. «Cazzo fai, rubi? Sei
cretino?». Dicono Maurizio, Luca e Pino in visita a San Vittore. Ecco,
un ladro. Anche se lo so - lo so solo io - che non sarebbe così.
Sarebbe soltanto coerenza. Un record del mondo della coerenza da
sembrare fuori posto.
Mi arrendo? Mi tengo le Timberland, così faccio contenta la mamma? Mi
tengo Giovanni, il Milan, Maurizio, Luca e Pino? Ma sì, si vive
meglio. Senza la coerenza. Senza darsi un voto ogni tre minuti. Basta
una volta al giorno.
Voto? Quattro. Però in silenzio, prima di addormentarmi. Col dubbio di
essere stato un po' di manica larga.
Se gli altri sono ancora lì, a chiedersi dove diavolo siamo finiti, nella Prima o nella Seconda Repubblica, lui, Claudio Bisio, scavalca l’ostacolo e approda direttamente nella Terza. Anzi, nella «Tersa», come dice giocando sull'ambigua parentela fonica, fin dal titolo del suo nuovo spettacolo Tersa Repubblica. «Tersa» come un Cielito Lindo, protetta da ogni possibile perturbazione da un nuovo partito, anzi «il» Partito. Ideato, fondato e guidato da lui, il Bisio ridens, che promette soluzioni certe e programmi sicuri. «Le risposte ce le ho tutte, inconfutabili», assicura. «"Sì", "No", "Come no", "Certamente", "Neanche da chiederlo".. Quanto ai programmi, chiedete e vi sarà dato. Il nostro motto è: un rimedio per ogni problema. Disoccupazione? Siate ottimisti. Basta che un milione di voi creda nella ripresa e lasci il suo vecchio, puzzoso, posto di lavoro per cercarne uno migliore. A quel punto, un altro milione, pronti a schizzare, prenderà quello che hanno abbandonato. Per la serie: chi va via perde il posto all’osteria»...
L'idea di una «Tersa Repubblica» gli è venuta in mente dopo essersi reso conto d'aver fallito come aspirante rampante della Seconda. «Eppure ci avevo provato», assicura, «mi ero persino cambiato i connotati per tentare di somigliare in tutto e per tutto a un forzaitaliota perfetto. Sono andato in tilt, scoprendomi un Fantozzi inadeguato, un Faust coglione».
Da lì una sorta di metamorfosi: Bisio intona il «Monologo della coerenza». Inutile voler apparire ciò che non si è, meglio essere un coglione naïf che camuffato. Solo, privo d’identità, il nostro eroe si scopre afflitto dalla sindrome del sondaggio, un brutto male che trasforma un uomo in un campione. «In realtà», racconta, «tutto nasce dall’aver avuto tra le mani, per vie traverse, la Sinottica dell’Eurisko, la madre di tutti i sondaggi. Dove tutti, ma proprio tutti, siamo classificati secondo gli stili di vita. Sulla base di queste classifiche si vendono i prodotti, si fanno programmi tv, si fondano partiti».
E continua: «Sabotiamo la tirannia del sondaggio. Berlusconi è convinto di vincere, glial’hanno assicurato i sondaggi. Stupiamolo. Il suo è un successo legato al “gratta e vinci”, alla filosofia della botta di culo, che regala sogni, miserabili ma sogni. Cosa offre l’altra parte? D’Alema, diciamolo, è un’immagine un po’ lugubre. Non c’è sogno a sinistra, non c’è utopia».