Chiuso nella camera iperbarica che precipita verso l’abisso dopo aver perduto il contatto con la nave appoggio, un profondista parla e straparla nel microfono ormai inutile. E intanto, lui che certo non ha spazio per passeggiare, lucida interminabilmente un paio di scarpe e addirittura vi applica rinforzi metallici sotto il tacco e la suola. E dice a Mick, il suo invisibile e adesso anche muto «corrispondente» dalla superficie, che – per misurare il trascorrere del tempo - conta i battiti del cuore: tanti battiti sono un minuto, tanti un’ora, tanti un giorno...
Ecco, già l’inizio di «Favola calda» - una messinscena comprendente le tre storie «L’uomo rosso» di edoardo erba e Roberto Traverso, «Ostruzionismo radicale» ancora di erba e Traverso e «Non vedo perché» di Erba e Claudio Bisio e presentata al Nuovo, nella Sala Assoli, dal Centro Servizi e Spettacoli di udine – dà ampio conto dei propositi degli autori. Il tema comune ai tre monologhi è la sospensione della vita: al cui posto s’accampano, rispettivamente, la serialità dei comportamenti indotta dalla società tecnologica, le parole come tentativo disperato di recuperare il possesso ideologico del mondo e, infine, le visioni, mitico surrogato di una realtà quotidiana sempre più falsa ed evanescente. Infatti, i personaggi protagonisti delle altre due storie sono un parlamentare che sta parlando da ben cinquanta ore senza saper nemmeno contro quale legge e una sorta d'«indiano metropolitano» che sproloquia fino a confondere il Giudizio Universale con la parossistica Notte degli Oscar.
Al riguardo, aggiungo subito che i testi dei tre giovani milanesi si rivelano - e dal punto di vista strutturale e sotto il profilo stilistico - straordinariamente interessanti: perché, fra l’altro, se ne libera una straziante e commovente poesia, tanto più sottile e «solitaria» in quanto non s'acquieta nella retorica delle sue ragioni interne ma, d’improvviso, rompe in esiti surrealmente comici. Come quando i rinforzi metallici di cui sopra diventano le claquettes per ballare – giusta l’immagine di Fred Astaire e Ginger Rogers stampata sulla maglietta del profondista – uno strepitoso e «canagliesco» tip tap.
Un solo modo, poi, hanno questi tre personaggi per riafferrare la propria identità: aggrapparsi, appunto, all'inesausta e inconfondibile volontà di durare del corpo. Vedi, in proposito, i reiterati «languori di stomaco» del parlamentare e la necessità per l’individuo di continuare a scorrere, esattamente come una pellicola cinematografica, richiamata altrettanto insistentemente dall'«indiano metropolitano». E del resto, proprio sul piano di una vertiginosa energia fisica si colloca l'ulteriore pregio di questo irrinunciabile spettacolo: la prova, sapientissima per varietà di toni e di ritmi, dell’interprete Claudio Bisio. Andate a vederlo e capirete che cosa può (e deve) essere oggi un attore.