E il provino cambiò il comico in un traditore privo di morale

“Comedians” del Teatro dell’Elfo con la regia di Gabriele Salvatores

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La Repubblica
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Ugo Volli
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Un provino per comici, prima, durante e dopo: chi vince e chi perde, chi si adegua ai desideri del selezionatore, chi resta fedele agli insegnamenti del proprio maestro, chi scarica in scena aggressività e disperazione. Alla fine, la vita continua. Questo è Comedians, commedia di Trevor Griffiths messa in scena da Gabriele Salvatores per il Teatro dell'Elfo: un buon pretesto per qualche decina di sketch, gag e barzellette, naturalmente bene accette dal pubblico, che in più ha una decina di personaggi ben delineati, e una cornice politica o piuttosto moralistica tipica di un certo teatro inglese, ai nostri occhi piuttosto fastidiosa ma ben costruita.

E'difficile dire in realtà oggi che cosa sia di Griffiths, che cosa del traduttore Ettore Capriolo, degli adattatori Gino & Michele, del regista Salvatores, dei bravi giovani attori che prendono parte allo spettacolo. Perché questo lavoro, presentato l’altra sera in prima nazionale a Milano, ha già dietro sei mesi di vita e di crescita progressiva: alla Versiliana quest'estate fu presentato il secondo atto sotto il nome di Esercizi per comici (e ne scrisse su Repubblica Rodolfo di Gianmarco); a Roma a dicembre fu aggiunto il primo atto, cioè la preparazione del provino, e ieri si è visto anche cosa succede in seguito, col terzo atto.

Di chiunque sia il merito, non c'è dubbio che questo Comedians è un prodotto di sicuro successo, molto divertente, con quel tocco di buona coscienza in più che fa bene alla digestione dello spettatore; e che per funzionare appieno ha bisogno forse solo di essere un po' ridotto e reso più veloce qua e là; visto che tre ore di barzellette con intermittenze di coscienza potrebbero stancare anche il più accanito commesso viaggiatore. Un altro merito sicuro è quello di lanciare definitivamente un gruppo o una generazione di giovani attori milanesi, che è assai, notevole per plasticità, tecnica, intelligenza, capacità di realismo, invenzione: una generazione che è un po' più vasta del cast di questo spettacolo, perché c’entra anche il gruppo di Panna Acida, Ruggero Cara, a modo suo Paolo Bessegato, e alcuni altri; ma di cui Paolo Rossi, Claudio Bisio, Antonio Catania sono fra i più noti: attori che fra l'altro si sono quasi tutti fatti le ossa nel cabaret, conoscono bene ciò di cui parla Comedians, e si vede; ma anche interpreti a suo tempo del drammatico Nemico di classe, un'esperienza fondamentale per il Teatro dell’Elfo, di cui questo lavoro appare notevolmente tributario, sia pure sul versante comico.

C'è dunque una scuola di comici, frequentata da operai, emarginati, disperati; e c’è un insegnante (un ottimo Roberto Vezzosi), che cerca di inculcare loro un'estetica, anzi una moralità del mestiere del comico, con discorsi e dialoghi maieutici; e le reazioni vanno dall’adorazione all'accettazione passiva, alla contestazione dell'allievo prediletto. Come esaminatore del provino arriva però un nemico del professore, comico pragmatico della scuola «due risate sono meglio di una»; e al momento buono, alcuni sono fedeli al maestro, un paio tradiscono e sbracano, il prediletto contestatore si produce in un pezzo di insulti al pubblico e al selezionatore. Saranno premiati i traditori, è chiaro. Gli altri non hanno più nulla da dirsi, se ne vanno in un modo o nell'altro, e il professore recluta per il prossimo corso un pakistano di passaggio.

Naturalmente l’arte del comico è una metafora in primo luogo sul teatro, e in secondo sulla vita dell’uomo e il suo significato; per cui Griffiths vuol dirci evidentemente che: a) il teatro dev'essere impegnato e non semplicemente di successo: b) che bisogna essere buoni, avere un senso e cosi via; c) che non sempre vincono i migliori. D'accordissimo. Peccato solo che la metafora sia molto più vitale del contenuto, più originale e ricca. Peccato cioè che gli attori di questo spettacolo siano migliori dei loro personaggi, e i personaggi più veri dei melensi conflitti morali in cui sono chiamati semplicisticamente a interpretare un ruolo. O, in altri termini: è una fortuna che attori davvero bravi a far ridere e a sembrare veri si siano impadroniti di una storia un po' appiccicaticcia.Speriamo che prima o poi esagerino. I loro nomi, oltre a quelli citati: Renato Sarti, Silvio Orlando, Alberto Storti, Gianni Palladino, Gigio Alberti, Giorgio Giorgi. Scene di Thalia Istikopoulou, costumi di Ferdinando Bruni.

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