Teatro come specchio per quei ragazzi terribili

«Nemico di classe», storia di givanotti violenti, messa in scena all’istituto per minorenni Beccaria

Testata
Il Giorno
Data
9 aprile 1983
Firma
Morando Morandini
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All'estrema periferia sudoccidentale di Milano, nella zona Giambellino-Inganni-Lorenteggio, ormai circondata da erbosi terreni aperti, c'è la via dei Calchi-Taeggi. In via dei Calchi-Taeggi c'è il Beccarla, vasto e moderno edificio che è sede dell'Istituto osservazione dei minorenni - Sezione di custodia preventiva. Nel Beccaria c'è una grande palestra con grandi vetrate che fanno filtrare dall'alto la luce del giorno. Avant'ieri in quella palestra una compagnia del Teatro dell'Elfo ha messo in scena «Nemico di classe» di Nigel Williams che in marzo aveva chiamato migliaia di spettatori nel teatro di via Ciro Menotti.

E' stata una replica speciale per un pubblico molto speciale: una sessantina di ragazzi e ragazze del Beccaria, e una ventina tra insegnanti, assistenti sociali, guardie. Chi ha visto lo spettacolo può capire la speciale natura di quella rappresentazione: sono in scena sei ragazzi dai 16 ai 18 anni, proletari o sottoproletari di una grande città moderna, che aspettano l'arrivo di un insegnante che non arriverà mai perché ormai nessuno s'azzarda più a metter piede in quella selvaggia V C.

Mettere in scena «Nemico di classe» significa adattarne i dialoghi (ma, in una certa misura, anche la scelta degli interpreti e i comportamenti) alla situazione locale. In Inghilterra la scuola è a Londra; in Germania — dove è stato messo in scena dal famoso Peter Stein che ne ha cavato anche un ottimo film — a Berlino Ovest; nell'edizione del Teatro dell'Elfo, curata da Elio De Capitani che è anche uno dei sette interpreti, è a Milano.

Lo spettacolo al Beccarla era speciale perché speculare: gli spettatori si rispecchiavano nei personaggi e negli attori e viceversa: In che misura i primi si sarebbero riconosciuti nei secondi? In che modo sarebbero stati coinvolti da uno spettacolo che non manca certamente di fattori coinvolgenti: tensione, violenza, pathos? Che cosa ne avrebbero ricavato?

E' troppo presto per dirlo. In questi giorni i ragazzi del Beccarla parleranno di «Nemico di classe» tra loro e con i loro insegnanti. Elio de Capitani vuole tornare in istituto con una registrazione in video dello spettacolo per discuterne.

Si può già dire, però, che, nonostante la cattiva acustica della palestra, lo spettacolo è andato benissimo. Il dottor Mario Salvatore, direttore del Beccaia, era raggiante anche se non voleva darlo a vedere. «Meglio delle previsioni…» m’ha detto. Non è la prima volta che si fa teatro al Beccaria ma, m’hanno assicurato in molti, non c’era mai stata un’attenzione così intensa.

Le più attente erano, forse, le ragazze, ma anche le più laconiche. («Sono le meno emotive…» m’avevano annunciato prima dello spettacolo. Ma ho visto una brunetta, con l’aria da zingara e le unghie laccate di un rosso fiammeggiante, che si nascondeva il volto).

C’è nello spettacolo la lezione di Ciu-Ciu, uno dei sei allievi, sul tema «è tutta colpa dei terroni». E’ una scena rischiosa perché, se presa alla lettera, può essere fraintesa. (Nell’edizione tedesca la colpa è dei turchi, in quella inglese dei negri…) Paolo Rossi, che la dice benissimo, ha avuto il più caloroso dei quattro applausi a scena aperta. Durante la tirata un riccioluto davanti a me ha dato di gomito a un compagno sussurrandogli con ironia: «Anche nel teatro ce l’hanno con te!». Poi ho saputo che è nato a milano ma da genitori napoletani. Ha un po’ il complesso dei terroni.

Finito lo spettacolo, ho domandato quanti fossero i meridionali tra il pubblico. «Lo sono tutti, tranne quattro o cinque» è stata la risposta. Ho fatto osservare che, secondo me, almeno a due u tre quella tirata non era andata giù. M’hanno detto: «Probabilmente erano guardie…» Era difficile distinguerli.

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