Prima non li nomina, ci gira attorno, poi quei 7 milioni 228 mila spettatori li spara fuori, scandisce il numero bisbigliandolo, una cifra dopo l'altra, ci gioca, si lascia sopraffare dal dato mostruoso e alla fine lo rinnega.
Claudio Bisio, il simpatico umorista, presenta il suo libro: una raccolta, un concentrato, il meglio di, ma «Zelig» non c'è, nemmeno una battuta. Il programma di Italia 1 stravince la prima serata, mescola le generazioni davanti alla tv, ma è escluso dai ricordi di Bisio. «Per signorilità», dice lui e invece di sembrare una spiegazione viene fuori come una battuta, ridacchia persino lui, poi insiste: «Non volevo cavalcare l'onda, l'ultimo libro l'ho scritto 15 anni fa e per il prossimo ci metterò altrettanto, questo non è un allegato al successo del momento, è un lavoro critico. E poi così il nuovo pubblico di Zelig potrà sapere cosa facevo fino a qualche anno fa».
Nel libro («Claudio Bisio... che simpatico umorista», Mondadori, 15,40 euro), ci sono solo tre personaggi, il laido procuratore Micio, lo scienziato prodoping Imbruglia e il critico sdraiato Mollacchia; nella videocassetta («Ascolta un cretino») qualcuno in più, ma non ci si addentra molto nel passato. I brani (montati da una persona che lavora nello staff di «Blob» e dal ritmo si capisce), si limitano a pezzi di «Le iene», «Mai dire gol» e «Teatro 18», l'unico show del repertorio a non aver avuto troppo successo. «In realtà io ho cominciato a visionare materiale dai mie esordi televisivi, da «Zanzibar» (1988), ma poi mi sono visto lì con quel cappellino arabeggiante e non mi andava di usarlo. C'erano più di sei ore di roba, sono stato molto decisionista e irrevocabile». Al massimo si va indietro di 5 anni, ma Bisio ritorna sul pubblico che ignora quegli sketch: «Andiamo, chi ha fatto salire gli ascolti? I ragazzini, parlo di gente che ha 10 anni, di certo non hanno idea di chi sia Micio. Anche perché io i miei personaggi non li riprendo mai, hanno un ciclo vitale. In quei 7-milioni-200-mila-e-passa ci sono molti che non mi conoscono come comico». La cifra sguscia fuori ingombrante eppure è destinata a ridimensionarsi: in prime time erano previste 9 serate, la prossima sarà la quinta, finito il ciclo si smonta il baraccone di Sesto San Giovanni e si torna a casa, al confortante cabaret di viale Monza, che ha dato il nome allo show, e allo zoccolo duro della tarda ora. «Finalmente» e stavolta suona troppo liberatorio per essere l'ennesima boutade «La dimensione di Zelig è quella, non una nicchia perché ormai non lo è più, ma un laboratorio della comicità dove osare. Ora non c'è censura, ma autocoscienza sì. Non possiamo ignorare il numero e l'età di chi ci sta davanti, ci tratteniamo o almeno dosiamo i nostri colpi. Ho voglia di tornare allo stato brado».
Pare che tutt'ora, nelle prove informali, quelle prima della registrazione, esca di tutto, e pochissimo passa in tv: «Abbiamo nuovi personaggi e addirittura nuovi comici esplosivi, ma alcuni non sono adatti, altri non si possono sparare nella bolgia, si brucerebbero. Ogni domenica sera provo con Raul Cremona nuove battute ridiamo come matti... per ora restano lì. Martedì prossimo però vedrete un novellino, un romano che si chiama Dodo e poi Ficarra e Picone faranno un pezzo molto politico, anche se questo tema nel tendone tira poco, starebbe meglio al caldo nel teatro. Insomma dai numeri non sembra, ma la verità è che io non mi sento molto televisivo». Difficile da sottoscrivere e infatti un minuto dopo Bisio butta lì che potrebbe andare al prossimo Sanremo in coppia con Michelle Hunziker e con i testi di Elio. Sarà una battuta?