Asinelli, somari e ciuchi vanno di moda non solo in politica, ma anche al cinema. Corrispondenze fisiognomiche tra uomini e animali lasciano poi correre la fantasia, al punto da ispirare una sceneggiatura (la prima scritta dall'attore e comico Claudio Bisio) che mescola bestie vere a «quadrupedi verticali», cioè ragazzini somari (ricordate le orecchie di Pinocchio?), ripetenti ad honorem, raccolti da un frate francescano in un convento sperduto sulle colline dell'entroterra romagnolo. E lì, in quella specie di riserva umana, il frate, da un lato alleva somarelli e dall altro, assieme a un professore di ginnastica, ragazzone-cittadino-quarantenne-in-attesa-di-svezzamento, tenta un progetto educativo tutto suo per questi bambini pluriripetenti, non certo in linea con quello del ministro Berlinguer. Per esempio agli alunni s'insegna a lavare i sassi (quasi una pratica zen di disciplina intcriore, ma il film non pretende tanto), oppure i ragazzini vengono bendati affinchè riescano poi ad apprezzare meglio ciò che vedono (riuscendo magari a guardare un po' più in là del proprio naso, regola valida per tutti noi).
Lo spunto per questa storia surrealista, che attinge però molto a situazioni vere della vita, è giunto a Bisio da un racconto di viaggio fatto da un amico che nelle campagne inglesi scoprì un centro per l'allevamento di asini. «Meno esotici della foca monaca o dei panda, abbiamo scoperto che anche queste bestie sono in via d'estinzione e che ci sono gruppi che reclamano la protezione di questa specie», dice Bisio. «Così abbiamo iniziato una ricerca che ci ha aperto gli occhi sul pianeta asini. Su Internet abbiamo trovato una grande quantità d'informazioni, delle più strane. Per esempio come allevarli in casa, quasi fossero canarini. Eppoi libri sull'argomento stranissimi, tipo “Asini, muli e canoe” un titolo che sembra inventato mentre invece non lo è: il libro racconta come fare trekking, trasportando sulle piroghe pure l’animale. Anche in Italia ci siamo imbattuti in allevamenti di asini, ma a scopo di macellazione: dopo ogni nostra visita immancabilmente ci invitavano a pranzo per assaggiare il "famoso stracotto d'asino". Immaginarsi se dopo aver conosciuto quelle bestiole si può mangiare la loro carne», conclude Bisio che, durante il film (diretto da Antonello Grimaldi), si è affezionato agli asini come a un parente.
Nel cinema vige una regola: evitare nel limite del possibile di girare film con animali e bambini, ma Bisio. tanto per complicarsi la vita, ne ha scritturati a iosa. «In una scena dove bevo a una fontana nel copione è previsto che un asino mi raggiunga alle spalle e faccia altrettanto. Sì, prova a farglielo fare se non ne ha voglia... mica sono ammaestrabili». Sono fatti a modo loro, in tutto e per tutto, tanto che nel bel mezzo del film è accaduto un bellissimo evento, non previsto dalla sceneggiatura, ma entrato di diritto nella storia: la nascita di un asinello. Non bastasse, un altro piccolo sarà partorito tra poco.
Ma che tipo è Italo, il ragazzone interpretato da Bisio? «Uno che ciondola da un pub all'altro, che va matto per il rugby, che non sopporta gli animali ma che si ritrova con una fidanzata dog-sitter e con una madre (la grande attrice Isa Barzizza) che ancora lo mantiene e non ne può più. Questo mi fa venire in mente alcuni miei amici rockettari duri che rientrano nel seno materno come pulcini...». Bisio non sarà certo come loro ma il ruolo della mamma l'ha ricalcato su quello della madre vera (maestra delle elementari), infilandoci anche un episodio della sua storia familiare. «Mia madre faceva qualche lavoretto extra per "arrotondare": sotto carnevale preparava il famoso scherzo del ragno finto. Ricordo che a casa nostra arrivavano ceste di panini fragranti, e tutta la famiglia, in catena umana, era impegnata a svuotarli della mollica per inserirvi l'animaletto e richiuderli...».
Un tipo laico e prosaico come Italo capita in un convento di frati. Ai quali, evidentemente, vanno le simpatie di Bisio, retaggio forse di bei pomeriggi passati all’oratorio e del ricordo di un ritiro a Taizé, la comunità interconfessionale di frère Roger, con tanti giovani europei, e di un amorazzo consumato lì, con una bella spagnola. «Padre Anselmo è una specie di Patch Adams dei frati, un outsider della Chiesa che si ritrova a lottare anche contro un cardinale per salvare la sua comunità dalla conglobazione nella "Città di Dio"», dice l'attore. «Un progetto creato per riunire le tré religioni monoteiste, realmente previsto nella zona di Latina, per il quale verranno stanziati migliala di miliardi».
Fra tanti frati, asini veri e asini umani, c'è però Anna, una studentessa di veterinaria (l'attrice Giovanna Mezzogiorno), bella, intrigante ma impossibile (le donne riservano sempre sorprese, proprio come le uova di Pasqua) che sembrerebbe la più normale di tutti, ma così non è e di cui Italo s'innamora. «Sotto la maschera della comicità, questo film affronta temi profondi come quello delle persone emarginate perché ritenute inadeguate agli standard della nostra società che esige vincenti. Ma i nostri canoni sono quelli giusti?», dice l'attrice. «Quel convento è lultimo avamposto di una semplicità perduta, lì ai bambini s'insegna a gioire di piccole cose, il gioco della benda sugli occhi è simbolico, noi viziati dalla società del benessere non vediamo o dimentichiamo tutte le fortune che abbiamo. Quei ragazzi nella loro condizione di semplici vivono molto felicemente».
Le scene girate con gli alunni somarelli hanno riportato Giovanna Mezzogiorno (figlia d'arte di Vittorio, attore prediletto da Peter Brook) indietro di qualche anno, quando anche lei faticava non poco a essere promossa. «Ero un’adolescente difficile, l'ultima della classe, ero così chiusa che rischiavo di essere maleducata. Mi bastava uno sguardo storto dell’insegnante per farmi sentire inadeguata, così rimanevo indietro cercando compagni di sventura scolastica. Crescendo, s'impara a diventare consapevoli delle proprie diversità e a capire che questa società, è poco propensa ad accettarle».