«Era un ometto sulla quarantina, magro e giallo, dall'espressione assente. Passava le sue giornate sdraiato sulla branda, ed era un lettore infaticabile». Ferrari entra in scena quasi subito nel romanzo di Primo Levi. La tregua, lo sappiamo, dopo una lunga gestazione e un rincorrersi quasi kafkiano di contrattempi, sta diventando il film che Francesco Rosi sognava da tempo. I personaggi descritti da Levi hanno finalmente un volto: John Turturro (che sarà Primo Levi), Rade Serbedzija. il protagonista di Prima della pioggia (che sarà il greco), Massimo Ghini (il romano), Roberto Citran, Stefano Dionisi.
Il Ferrari («al cui cognome si addice l'articolo perché era milanese») avrà invece il faccione simpatico e di gomma di Claudio Bisio. Che per «entrare» meglio nella parte è dovuto dimagrire 10 chili. «Ma niente diete drastiche. Niente digiuni. Ho solo abolito il vino e i grassi». Chiamalo poco. Non è il menù ridotto all'osso ad impensierire Bisio: «Mi dicono che Turturro ha già perso 18 chili. È diventato secco secco». Lo spavento più grosso l'ha avuto quando gli è stato detto che in Ucraina, dove le riprese de La tregua iniziano questo fine settimana, lo aspettano 20 gradi sotto zero. «Se è per quello, mi hanno anche detto che a primavera inoltrata andremo a cercare la neve nelle zone più fredde del paese».
Più spaventato dal clima che dal doversi confrontare, per la prima volta, con un ruolo drammatico, possibile?
Ferrali non sarà proprio un personaggio drammatico. Anche Rosi mi ha detto di avermi scelto perché voleva dei toni da commedia. La tregua non è un film sulla guerra ma sul ritorno alla vita. E Ferrari è il personaggio più vitale del gruppo: piccolo furfantello, delinquente comune, è stato deportato in campo di concentramento dal carcere di San Vittore. I tedeschi, nel 1944, avevano proposto la scelta fra le prigioni italiane e il servizio del lavoro in Germania. E lui era partito: credeva di andare verso la libertà e invece era finito ad Auschwitz. Un personaggio cosi non può essere totalmente drammatico. Comunque c'è una cosa che al momento mi spaventa... Gireremo in inglese. È questa la grande scommessa. È vero che anche il provino l'ho fatto in inglese. Ma nei provini si può anche bluffare. D'accordo che sul set ci sarà Gene Luotto, il padre di Andy, a fare il «direttore» dei dialoghi. Rosi però mi ha chiesto di caratterizzare molto il personaggio. Insomma, pur recitando in inglese, dovrò far sentire la cadenza milanese. Pare che agli anglofoni piaccia molto l’impasto dialettale. Purtroppo non ho riferimenti. Non mi ricordo di aver mai visto al cinema uno che parla l'inglese alla milanese. Comunque i dialoghi sono molto belli e la scommessa è grossa: proprio per questo mi incuriosisce.
Leggendo il copione, cosa l'ha colpita subito di Ferrari?
Il personaggio. E l'idea di recitare, all'interno di una situazione drammatica, anche usando dei toni un tantino allegri. Senza esagerare chiaramente. Spero di riuscire a far sorridere, pure i compagni di lavoro, restando tra le righe, usando toni lievi.
Con La tregua di Rosi siamo nel dopoguerra, con Nirvana di Salvatores, l'altro film che deve girare in questo periodo, la ritroviamo nel 2017: un bel salto nel tempo, da uscirne sbarellati.
In Nirvana ho una particina: un po' come il benzinaio di Turné. Ma ci tenevo moltissimo ad esserci, non ho mai bucato un film di Salvatores. Questa volta mi travesto da tassista. Il mio compito è accompagnare le persone nei quartieri periferici che richiamano nei nomi e nella struttura dei palazzi altre città: Bombay, Marrakech, Shangai. Lo scenografo è stato bravissimo, perché ha veramente ricostruito sul set le città così come sono. Al quartiere Marrakech c'è veramente la piazza Djema El Fhna.
E in queste strade lei cos'è: una specie di Caronte post moderno o un tassista alla Ernest Borgnine in 1997 fuga da New York?
Sono solo Corvo Rosso. Uno che con il suo taxi se ne sta in centro non ha nessuna voglia di andare in periferia. Nemmeno per portar Chistopher Lambert (il protagonista del film insieme a Diego Abatantuono e Sergio Rubini, ndr).
E di Albergo Roma, l'opera prima di Ugo Chiti, cosa ci può dire?
Il film di Chiti fa parte delle cose insolite che ho fatto o sto facendo in questo periodo. Lì, addirittura, faccio il gerarca fascista.
Ma di questi personaggi insoliti che cosa le resta addosso una volta conclusa la lavorazione?
Non sono come Peter Sellers, che quando recitava la pantera rosa parlava come Clouseau anche a casa. Ma non sono nemmeno un normale impiegato che, finito di lavorare, tira giù la serranda. Anche senza essere un fedele di Stanislavski, qualcosa resta. Dimagrire 10 chili, ad esempio, ha cambiato il mio corpo. Vabbe', c'è a chi è andata peggio: Robert De Niro per girare Toro scatenato di chili ne ha dovuti prendere 20. Ma non è una consolazione.