I vizi privati e le pubbliche fasciste virtù dell'Italietta prebellica, un coro di personaggi tutti ben scritti, un ritratto di ambiente costruito con gusto e ironia. Il commediografo e sceneggiatore toscano Ugo Chiti ha portato sullo schermo il suo testo teatrale "Allegretto... per bene ma non troppo", reintitolandolo per il cinema “Albergo Roma", e ha tatto un film — il suo primo da regista — intelligente, piacevole, ironico, molto curato nei costumi (che sono di Gabriella Pescucci) e negli ambienti (curati da Eugenio Liverani), ottimamente intepretato da un cast che si diverte al gioco collettivo di questo spaccato di provincia in nero, da Alessandro Benvenuti a Claudio Bisio, da Carlo Monni a Roberto Posse, da Debora Caprioglio (deliziosa) a Lucia Poli (magistrale).
L’avvio è sulle note della rossiniana Gazza ladra: mentre un orchestrale della banda del paese toscano di Foiano della Chiana si sta recando su una strada di campagna verso la sede delle prove, il suo cane gli porta qualcosa che sembra un feto umano. Un infanticidio? Un aborto? In ogni caso uno scandalo preoccupante. Perché le cose sarebbero più tranquille se non si attendesse per la fine della settimana la visita del Duce. Se delitto c'è stato deve essere messo a tacere.
Ma l'abitudine al pettegolezzo è dura a morire: si direbbe anzi che le piazze italiane, come un palcoscenico, siano state inventate per consentire ai curiosi di curiosare. E la faccenda si complica quando a qualcuno pare di vedere che è arrivato all'Albergo Roma il Federale Tcheky Karyo, con una misteriosa valigia...
Il finale, come in ogni buon giallo, non va rivelato, a maggior ragione per difendere un genere da noi così poco coltivato. Ma il film di Chiti si raccomanda per più ragioni: soprattutto per il piacere di vedere una commedia intelligente.